XIX secolo
Veduta di Piazza del Popolo con il colonnato di Santa Maria dei Miracoli
Olio su tela, cm 55 x 110
Con cornice, cm 56,5 x 110,5
Tra i più noti ed amati luoghi romani, Piazza del Popolo deve il proprio nome, nonostante la duplice ipotesi, allo zelo di papa Pasquale II nel proteggere i cittadini romani. Nei pressi sorgeva infatti il sacello dei Domizi Enobarbi con la tomba di Nerone, circondato, secondo il costume funebre, da pioppi, in latino populus, donde la prima ricostruzione toponomastica. Senonché Pasquale II, tradizione vuole per scongiurare un ritorno di Nerone sottoforma di Anticristo, in realtà per incorporare un ulteriore tassello territoriale alla spettanza papale, ordinò nel 1099 che si radesse al suolo il mausoleo dei Domizi per costruirvi sopra una cappella, ammodernata nel corso dei secoli nelle fattezze dell’attuale chiesa di S. Maria del Popolo. Al nucleo religioso fu concesso il nome del Popolo perché la costruzione era avvenuta mediante una sottoscrizione dei cittadini che avevano tratto, più o meno volontariamente, propria pecunia dalle tasche.
Il dipinto offre un suggestivo scorcio ribassato colto dalla gradinata di S. Maria in Montesanto, una delle chiese “gemelle” con S. Maria dei Miracoli, di cui è osservabile il colonnato. Poste all’inforco della zona cosiddetta Tridente, costituita dalla direttrice principale di Via del Corso su cui si innestano le rettilinee Ripetta e Babuino, le due chiese nacquero per sostituire una coppia di monumenti funerari piramidali, sul tipo della tomba di Gaio Cestio, già ingresso monumentale al Campo Marzio. Progettate su richiesta di Alessandro VII Chigi, le basiliche furono edificate in due tempi (quella in Montesano dal 1675, i Miracoli dal 1678), presentando, rispettivamente, pianta ellittica e circolare. Il delicato tramonto secante coloristicamente, per orizzontale, in due parti, il dipinto, mette a fuoco la Fontana del Nettuno di Valadier, incorniciata da una ghiera di piante dalla finissima fronda. Si prosegue con l’obelisco Flaminio, così detto dall’omonima via consolare che da lì partiva, risalente al XIII secolo a.C.; ordinato da Seti e terminato dal figlio Ramesse II, l’obelisco fu trasportato dal tempio di Ra e Eliopoli (Egitto) per volere di Augusto, che lo volle collocare su una spina del Circo Massimo. Porta del Popolo, che conchiude il dipinto, fu invece commissionata, nella facciata esterna, da Pio IV a Michelangelo, il quale ricusò l’incarico, portato a compimento da Nanni di Baccio Bigio che si ispirò all’Arco di Tito; la facciata interna, qui osservabile, fu invece progettata da Gian Lorenzo Bernini, su incarico di Alessandro VII, per celebrare l’arrivo in città di Cristina di Svezia.