Provenienza: collezione Lauro Bologna
Pubblicato: stanze Bolognesi
La collezione Lauro
Nuova Alfa Editoriale
Alessandro contempla il cadavere di Dario
Olio su tela, cm 155 x198
Bibliografia: V. Sgarbi, Per il catalogo di Nicola Grassi
La forte valenza morale dell'episodio, narrato da Plutarco, di Alessandro pensieroso di fronte al cadavere del nemico Dario, morto in battaglia, è restituita grazie al punto di fuga ribassato, che conferisce alla scena una grande monumentalità,e all'uso eccezionalmente vibrante della luce, che rade il capo del soldato all'estrema sinistra, sbalza il volto riverso e il torace nudo dell'ucciso lasciandone in ombra il corpo, si infrange sulla fronte pensosa di Alessandro ed esplode nella candida bandiera, vittoriosa contro il cielo livido.
Sitratta a tutti gli effetti di un capolavoro di Giovanni Antonio Pellegrini, raggiunto al termine della sua formazione.
Rendendolo noto per la prima volta, Vittorio Sgarbi ha ricordato come del dipinto si conoscesse gia un'altra versione, di dimensioni pressoché identiche, conservata nel Museo di Soissons insieme ad un pendant raffigurante Alessandro e la famiglia di Dario (cfr. P. Rosenberg, Deux tableax de Gian Antonio Pellegrini au Musée de Soissons, in "Arte veneta", XXI, 1967, PP. 226-227). Rispetto a quella del museo francese la versione qui considerata risulta peraltro, secondo lo studioso, "anche più corrusca di effetti chiaroscurali e plastici" e connotata da "un'accentuazione dei caratteri, con la punta di vivo realismo nel personaggio che scopre il volto di Dario".Quanto alla datazione, mentre Rosenberg, studiando il dipinto francese, propendeva per gli anni del soggiorno romano, tra il 1695 e il 1699,Sgarbi preferiva pensare, per entrambe le versioni, ad un'esecuzione condotta intorno al 1701-02, in rapporto cioè con le opere eseguite dopo il ritorno di Pellegrini a Venezia, come le tele di palazzo Albrizzi. La precisazione non muta il significato di questa tela come precoce exploit di Pellegrini nei campo della pittura “da stanza".Nota lo stesso Sgarbi che "il quadro è cosi un'importante prova di un Pellegrini cupo, notturno, drammatico, 'espressionista', più nei modi di Mattia Preti che in quelli di Luca Giordano, prima della schiarita che caratterizza il Pellegrini maturo, di cui qui è gia sensibile la pen modi di Mattia Preti che in quelli di Luca Giordano, prima della schiarita che caratterizza il Pellegrini maturo, sensibile la pennellata sciolta e liquida".
Quest'ultima peculiarità, rilevabile in tutto il dipinto ma in particolar modo nel gruppo dei soldati a destra, costituisce fin d'ora la sigla caratterizzante dell'artista, che pure si mostra ancora nervoso e franto, di una prima collusione col Sebastiano Ricci degli affreschi milanesi di San Bernardino alle Ossa. È stato più volte notato che Pellegrini appare inizialmente meglio dotato del più anziano collega, che ricoprirà tuttavia una maggiore importanza storica; e che a queste date, confrontando questo con i dipinti licenziati dal Ricci a Parma, Pellegrini sembra anche più moderno.