Pietro Testa (Lucca 1612 - Roma 1650) ambito
Le sregolatezze del figliol prodigo
Il ritorno del figliol prodigo
olio su tela, cm 49 x 67
Provenienza collezione Taccoli
I due dipinti sono da mettere in relazione con una serie di incisioni realizzate da Pietro Testa intorno al 1645. Questa serie si compone di quattro invenzioni narranti la parabola evangelica del Figliol Prodigo. Dellle stampe di questa serie, che rappresentano il soggetto dei nostri due dipinti, si trovano due esempi conservati presso il Museo Civico del Castello Visconteo di Pavia.
Esistono infine altre due versioni dipinte ad olio di queste medesime invenzioni, ma di dimensioni assai maggiori rispeto a quelle qui presentate, che sono conservate al Museo dei Palazzo dei Pio di Carpi.
La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo. Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante. Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.