GIOVACCHINO CANTINI
GIUDITTA CON LA TESTA DI OLOFERNE
GIOVACCHINO CANTINI
Firenze 1780–1844 Firenze
CRISTOFANO ALLORI
Firenze 1577–1621 Firenze
da un dipinto di Cristofano Allori, detto Il Bronzino
Acquaforte e bulino su carta, firmata "Cristofano Allori d. il Bronzino dip. Giovacchino Cantini dis. e inc. 1802", "Raffaello Morghen diresse",
dedica a SUA MAESTÀ LODOVICO PRIMO, Re d’Etruria, Infante di Spagna, Principe Ereditario di Parma, Piacenza, e Guastalla &c. &c. &c.
37 × 26 cm / 14,6 × 10,2 pollici, con cornice moderna 52 × 43 cm / 20,5 × 16,9 pollici
PROVENIENZA
Collezione privata, Vienna
Una stampa è raramente frutto del lavoro di una sola mano. È spesso il risultato di una collaborazione accuratamente orchestrata tra più artisti, ciascuno dei quali contribuisce con competenze specifiche alla realizzazione dell’opera. L’elaborata iscrizione sotto questa incisione che raffigura Giuditta con la testa di Oloferne ne è una perfetta testimonianza.
La composizione originale fu dipinta da Cristofano Allori (1577–1621), uno dei pittori più raffinati del Seicento fiorentino, come indicato nell’iscrizione Cristofano Allori d. il Bronzino dip.. La sua Giuditta con la testa di Oloferne, oggi conservata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze, divenne uno dei tesori più celebri della collezione medicea.
Più di due secoli dopo, l'immagine fu tradotta con meticolosa precisione in stampa da Giovacchino Cantini (1780–1844), che disegnò e incise la lastra, come riportato nell’iscrizione “Giovacchino Cantini dis. e inc. 1802.” Il lavoro fu realizzato sotto la direzione del celebre incisore Raffaello Morghen, il cui nome compare come “Raffaello Morghen diresse”, attestando il suo ruolo di supervisione e guida artistica.
Nell’interpretazione di Allori del racconto biblico, l’eroina Giuditta appare come una bellezza aristocratica di straordinaria eleganza, che regge per i capelli la testa mozzata del generale assiro Oloferne. Accanto a lei si trova la serva Abra, altrettanto composta. La scena è priva di violenza esplicita; al contrario, emana distacco freddo, dignità e compostezza — qualità che rispecchiano il gusto raffinato della Firenze del primo Seicento.
Si è spesso osservato che i tratti di Giuditta si ispirano all’ex amante del pittore, mentre la testa di Oloferne sarebbe un autoritratto dello stesso Allori. Questa lettura profondamente personale e psicologicamente carica ha contribuito al duraturo fascino della composizione, trovando particolare risonanza nell’epoca preromantica.
L’incisione finale non è una semplice riproduzione, ma una raffinata interpretazione di un capolavoro, filtrata attraverso la sensibilità neoclassica della Firenze di primo Ottocento. La dedica ufficiale al Re Ludovico I d’Etruria radica ulteriormente l’opera nel tessuto politico e culturale del suo tempo.