BUTTERI, attr. a
RITRATTO DI FERDINANDO I DE' MEDICI
GIOVANNI MARIA BUTTERI
Firenze 1540 – 1606 Firenze
Olio su tavola
62 × 49 cm / 24,4 × 19,3 pollici
con cornice: 78 × 66 cm / 30,7 × 26 pollici
PROVENIENZA
Bruxelles, collezione privata
Nel 1588, Ferdinando I de’ Medici, salito da poco al trono del Granducato di Toscana dopo la morte del fratello, sposò Cristina di Lorena. Questa unione dinastica rappresentò non solo un passo importante nella vita personale del giovane granduca, ma anche l’inizio di una consapevole campagna per rafforzare il prestigio politico e culturale della dinastia medicea. Uno strumento fondamentale in questa strategia fu lo sviluppo di una nuova iconografia ufficiale — una strategia visiva attentamente costruita per rappresentare il potere sovrano.
Una scelta insolita e particolarmente ambiziosa da parte di Ferdinando fu quella di affidare il proprio ritratto ufficiale non a un pittore fiorentino, bensì al romano Scipione Pulzone, tra i protagonisti della scena artistica papale. Il ritratto di Stato eseguito da Pulzone intorno al 1590 — oggi conservato agli Uffizi — divenne un modello esemplare di monumentalità sobria, che univa gravitas cerimoniale a una composizione limpida e a un’espressione concentrata e introspettiva.
Il dipinto qui presentato è una versione derivata con grande precisione dalla composizione di Pulzone, realizzata con notevole fedeltà e cura nei dettagli. Particolarmente significativo è il fatto che questa versione sia eseguita su tavola, a differenza dell’originale su tela: una scelta pienamente coerente con la pratica fiorentina della fine del Cinquecento, che consente di datare l’opera con sicurezza al periodo del governo di Ferdinando. Sotto il suo successore, Cosimo II, il supporto ligneo verrà infatti progressivamente abbandonato a favore della tela, mentre il linguaggio pittorico evolverà verso moduli più tipicamente barocchi.
La precisione nella resa dei tratti somatici, degli elementi decorativi e del ritmo compositivo suggerisce che l’artista abbia avuto accesso diretto al prototipo originale, circostanza che rafforza l’attribuzione dell’opera alla bottega di Giovanni Maria Butteri (ca. 1540–1606), uno dei pittori di corte più attivi e fidati nella Toscana dell’epoca.
Allievo di Bronzino e di Alessandro Allori, Butteri fu coinvolto in importanti progetti decorativi della corte medicea — dalla decorazione delle ville e dei palazzi fino agli apparati effimeri per le nozze di Ferdinando e Cristina. Realizzò anche varianti pittoriche derivate da opere celebri, contribuendo alla costruzione di un vero e proprio repertorio iconografico dinastico nello spirito della glorificazione medicea, tradizione affermata sin dai tempi di Cosimo I. La sua attività costante nell’ambiente di corte rende estremamente credibile l’origine di quest’opera nella sua bottega.
Non si tratta, dunque, di una semplice derivazione, ma di una pittura ufficiale di ambiente mediceo, eseguita per rispondere a precise esigenze di rappresentazione ducale. L’opera costituisce una testimonianza viva del ruolo dell’arte come linguaggio politico, volto ad affermare la dignità, la legittimità e l’autorità della dinastia.