Bottega di Carlo Dolci (1616 - 1687)
Ecce Homo
Olio su tela, 28 x 24 cm – Cornice 56,5 x 52
Cornice ebanizzata con modanature scolpite
L’opera qui presentata, per dimensioni e soggetto probabilmente destinata a un luogo di devozione privato, per la contemplazione e la preghiera, raffigura Cristo come Ecce Homo a mezzo busto, con la corona di spine, un mantello rosso sulle spalle e un bastone di canna, preciso rimando al passo evangelico di Matteo (27, 27-31). Il volto è sofferente, lo sguardo abbassato, la bocca socchiusa e la fronte segnata da vistose gocce di sangue. La luce delicata e il chiaroscuro pronunciato mettono in risalto i lineamenti morbidi del volto e la lucentezza dell’incarnato, esaltando il carattere devozionale dell’immagine. Data l’interessante qualità, il dipinto è da attribuire ad un pittore della stretta bottega fiorentina di Carlo Dolci (1616-1687). Il tema fu molto caro al maestro che lo trattò in numerosi dipinti, come dimostrano gli esempi fiorentini di Palazzo Pitti (1646, inizialmente di proprietà del cardinale Carlo de' Medici; e opera di bottega), quello di Pommersfelden e quello di collezione privata modenese. Il riferimento più prossimo da indicare per la tela in esame è quello dell’Ecce Homo oggi nella collezione di Palazzo Corsini a Roma, opera datata al principio degli anni '70 del Seicento, anche sulla base del confronto stilistico con la Maddalena delle collezioni reali inglesi, firmata e datata 1670.
Il tema dell’Ecce Homo (dal latino "Ecco l’uomo") si riferisce al momento in cui Cristo, dopo la flagellazione, viene mostrato al popolo da Ponzio Pilato con le parole "Ecce Homo" (Giovanni 19,5). È una rappresentazione altamente devozionale, concepita per invitare il fedele alla meditazione sulla sofferenza di Cristo. La corona di spine, il sangue e il manto rosso simboleggiano il sacrificio e la regalità spirituale di Gesù. L'Ecce Homo è un soggetto che suscita profonda pietà negli osservatori, soprattutto se, come in questo caso, il pittore ha volutamente messo in rilievo i segni della Passione, come i rivoli di sangue provocati dalla corona di spine e raggrumati sulla fronte. Nel periodo della Controriforma sono state eseguite numerose opere con questo soggetto pietistico, e a Firenze, in particolare, pittori come il Cigoli e il Passignano si specializzarono in questo genere; tale tradizione iconografica non si perse nel tempo, come dimostrano le diverse versioni che ne realizzò il Dolci.