XIX secolo
Vedute di Roma durante la Repubblica Romana del 1849
(2) Olio su tela, cm 56 x 92
Con cornice, cm 65 x 102
La coppia di tele in esame, di notevole qualità artistica, fa riferimento ad un preciso momento storico da individuare nella Repubblica Romana del 1849. In entrambe le vedute compare, infatti la figura di Giuseppe Garibaldi, ben distinguibile nella sua leggendaria camicia rossa e nella tipica veste militare. Nel dipinto raffigurante il Colosseo, il generale viene mostrato seduto vicino ad un portabandiera brasiliano, quest’ultimo condotto a Roma in seguito alla precedente campagna in Uruguay del 1848. Nel secondo, invece, il protagonista appare pensieroso e desolato, in riferimento alla sconfitta avvenuta con l’assedio di Roma da parte dei francesi guidati dal generale Oudinot all’alba del 3 giugno 1849: dopo circa un mese di combattimento senza tregua, Garibaldi tentò l'ultima marcia, scendendo a Cesenatico, ove catturò una flottiglia di battelli da pesca e s'imbarcò per Venezia. Qui, intercettati dalla flotta austriaca, i fuggitivi si dispersero. La coppia in esame, dunque, non solo rappresenta un’importante testimonianza di uno spaccato di storia italiana, ma si contraddistingue anche come superbo capolavoro di vedutismo. Rifacendosi alla tradizione delle vedute da Grand Tour, infatti, l’artista vuole restituire uno scorcio del foro romano nel corso del XIX secolo, quando una gran parte delle testimonianze archeologiche erano ancora interrate. Difatti, prima degli scavi, l’intera area veniva conosciuta come Campo Vaccino, una zona adibita prettamente al pascolo di pecore e mucche. Qualcosa cambiò, però, già all’inizio dell’Ottocento, con la dominazione francese a Roma, con cui si cominciò a scavare per riportare alla luce quel tesoro che è l’eredità storica ed archeologica dell’Urbe. Con l’inizio del ’900 inizia la vera era degli scavi archeologici nel foro con figure come Ridolfo Lanciani (pioniere dell’archeologia romana) e Giacomo Boni, grandissimo e geniale archeologo che dedicò praticamente tutta la sua vita al Foro Romano ed all’area circostante.
Ciò che si osserva nella tela è una radura erbosa da cui sorgono alcuni tra i più importanti monumenti del foro. Sulla destra vediamo un piccolo scorcio di quella che era la Curia: la sede più antica del Senato, fondata dal terzo re di Roma, Tullo Ostilio. Subito affianco l’imponente mole della facciata della chiesa dei santi Luca e Martina martiri, capolavoro del barocco romano le cui origini risalgono al VII secolo. Oltre il carcere di Mamertino e la chiesa di san Giuseppe dei falegnami si erge il grandioso arco di Settimio Severo; eretto nell’anno 203 d.C. per glorificare le vittorie militari dell’imperatore Settimio Severo e i suoi figli Caracalla e Geta. L’arco veniva utilizzato per un rituale di purificazione ogni volta che l’esercito tornava vittorioso da una battaglia: passando al di sotto e rimettendo piede sul sacro suolo di Roma, l’esercito e il generale che lo aveva condotto si purificavano dal sangue dei nemici.
Le tre colonne subito a fianco appartengono al Tempio di Vespasiano e Tito mentre le monumentali otto colonne appartengono invece al tempio di Saturno (dio del grano e dell’agricoltura), uno dei luoghi sacri più antichi costruiti nel circondario del Foro Romano. All’estrema sinistra del dipinto, invece, svetta alta e solitaria la Colonna di Foca, in onore dell’omonimo imperatore bizantino. La veduta è infine sovrastata dalla mole del Tabularium, che sorge sul colle del Campidoglio. L’edificio era concepito come vero e proprio archivio di Stato, luogo di conservazione di atti pubblici, decreti del Senato e trattati di pace. Attualmente, la parte superiore rinnovata da Michelangelo ospita uffici del Comune di Roma.
L'Anfiteatro Flavio, più conosciuto come Colosseo, rappresenta l'emblema di Roma antica, svettando come un colosso di pietra nella memoria collettiva. La sua fama supera di gran lunga quella di qualsiasi altro monumento della città eterna, emergendo non solo come vestigia di un passato glorioso, ma come simbolo tangibile dell'ideologia imperiale. La costruzione del Colosseo, chiamato con questo nome per via di una colossale statua di Nerone che sorgeva nelle vicinanze, iniziata sotto l'imperatore Vespasiano nel 70 d.C., venne completata da suo figlio Tito nell'80 d.C. con l'inaugurazione ufficiale avvenuta il 21 aprile. Ulteriori modifiche furono apportate durante il regno di Domiziano nel 90 d.C., consolidando la struttura e ampliandone la magnificenza. Simbolo dei fasti dell’impero, l’Anfiteatro ha cambiato nei secoli il proprio volto e la propria funzione, offrendosi come spazio strutturato ma aperto alla comunità romana. Nel 438 con l’abolizione dei giochi gladiatori per volere di Valentiniano III l’anfiteatro subisce un lento e progressivo declino tanto da essere utilizzato nel Medioevo e nel Rinascimento come cava di materiali, utilizzati anche per la costruzione della Basilica di San Pietro, e come ricovero per animali e sede per laboratori artigianali e abitazioni, mentre lungo è il processo della sua cristianizzazione.
Non si può parlare del Colosseo senza citare l’Arco di Costantino, che dal 315 lo affianca. Costruito per commemorare la vittoria di Costantino su Massenzio, avvenuta il 28 ottobre del 312 d.C nella battaglia di Ponte Milvio, fu realizzato riutilizzando in parte materiali ed elementi architettonici provenienti da monumenti imperiali più antichi, appartenuti alle età di Traiano, Adriano e Marco Aurelio. L’arco si presenta a tre fornici: quello centrale, più ampio, riporta una ricca decorazione a rilievo su tutti i lati. Al di sopra degli archi minori, sono narrate le imprese di Costantino nella campagna contro Massenzio. Più in alto, nei tondi di età adrianea, sono rappresentate scene di caccia e di sacrificio. Nell’attico, si stagliano otto statue di Daci, provenienti dal Foro di Traiano, che fiancheggiano la lunga iscrizione e i grandi pannelli del periodo di Marco Aurelio, con episodi della guerra germanica. Le basi delle colonne corinzie sono decorate con figure allegoriche.